Teatro Firenze

da giovedì 12 Dicembre 2019 a venerdì 13 Dicembre 2019

Platonov. Un modo come un altro per dire che la felicità è altrove al Teatro Cantiere Florida

Giovedì 12 e venerdì 13 dicembre alle ore 21:00 andrà in scena al Teatro Cantiere Florida di FirenzePlatonov Un modo come un altro per dire che la felicità è altrove“. Lo spettacolo de Il Mulino di Amleto, che ha debuttato al Festival delle Colline Torinesi lo scorso 6 giugno 2018, produzione Elsinor Centro di Produzione Teatrale, Tpe Teatro Piemonte Europa e Festival delle Colline Torinesi, nasce dal desiderio di creare un corto-circuito tra le parole di Čechov e la ricerca di un rapporto intimo tra attori e spettatori.

Basato su uno dei primi testi di Anton Čechov che anticipa, attraverso le vicende del suo protagonista e della società in “equilibrio precario” che lo circonda, i grandi temi dei suoi drammi della maturità, lo spettacolo è una finestra aperta su un Cechov quasi sconosciuto, su un testo giovanile ritrovato casualmente. Durante i tumulti della rivoluzione russa del 1917, infatti, Maria Cechov, sorella di Anton, nascose molti manoscritti e appunti del fratello in una cassetta di sicurezza a Mosca. Nel 1921 alcuni studenti sovietici riuscirono ad aprirla e scoprirono un’opera teatrale. Cechov aveva ventun anni quando la scrisse. Il testo che trovarono era incompleto, aveva moltissimi personaggi, molti argomenti e tematiche, moltissima azione.

Platonov, così in genere viene chiamato questo primo dramma di Cechov, è il fallimento dell’utopia del suo giovane autore che vuole raccontare la vita cogliendone appieno i più̀ profondi meccanismi. Il suo sforzo s’infrange contro la vita stessa e l’impossibilità di coglierla nella sua interezza in un dramma teatrale.

L’azione si svolge nella tenuta caduta in disgrazia di Anna Petrovna. In una calda estate trascorrono le vuote serate tra fiumi di vodka una serie di personaggi tra cui il maestro elementare Platonov, conteso tra la moglie Sasha, la stessa padrona di casa e la giovane Sofja. Della combriccola fanno anche parte Sergej Pavlovic Vojnjcev – figliastro di Anna e artista teatrale – il ricco Porfirij, il figlio Kirill, giovane medico scriteriato e, infine, Sasha, moglie tradita di Platonov. Una festa sopra la tragedia, per personaggi insolitamente comici malgrado l’insostenibile solitudine e l’inconsistenza della loro ricerca di amore.

Questo testo è generalmente considerato come “non rappresentabile”, o “impossibile da mettere in scena”. Ciò̀ che resta è un gigantesco affresco composto da brandelli di scene, dialoghi, personaggi che cercano un senso a quello che senso non può̀ avere. Che cercano una forma a quello che forma non può̀ avere. Che cercano un fine per quello che fine non ha. Un grande e meraviglioso affresco incompiuto…a cominciare dal titolo: Bezotcovščina significa infatti Orfano di padre. Come un’opera Senza Titolo. Questo è Platonov. Un modo come un altro per dire che la felicità è altrove: un’opera non finita per esseri umani non finiti, incompleti, incerti, resi fragili dal loro “voler essere” che si scontra inevitabilmente con ciò̀ che sono nella realtà̀. Come noi.
La vita! Perché non viviamo come avremmo potuto?

Cechov ci ha trasmesso tanta conoscenza del genere umano; è rara da trovare. Vorremmo riconsegnarla con autenticità̀ e leggerezza, per entrare nel dolore della vita senza restarne impigliati.

Il Mulino di Amleto
NOTE DI REGIA
‹‹Certe scelte si possono fare solo con la follia dei trent’anni o con la saggezza dei sessanta”, mi ha detto una volta un famoso regista teatrale. Parto da questa frase per riavvolgere indietro il nastro che porta me e la mia compagnia a Cĕchov. La volontà di cercare un cortocircuito tra Cĕchov e il nostro essere uomini e donne, in un tempo come quello in cui viviamo, è il cuore e la carne di questo lavoro. Nella ricerca con i miei attori non cerco la chiave del personaggio, ma dell’attore stesso. E come loro vanno oltre il ruolo, così anche allo spettatore vorrei chiedere di oltrepassare quella linea di confine. Immagino questo Platonov in uno spazio che unisca attori e spettatori. Per raccontare la tenuta di Anna e Vojinicev e la “carne umana” che la abita, ho bisogno di una vetrata, tanti bicchieri e bottiglie trasparenti come lo sguardo degli attori e le loro lacrime, un lungo tavolo dove tutti si incontrano, un video per cogliere i dettagli di questa umanità, usare il “voi” come Cĕchov per poi scivolare nel “tu”, perché il rapporto tra due persone sta cambiando. E vestiti belli, perché questa umanità e questi attori sono belli, belli, belli e io li amo. Tra le note di regia, dopo una filata, con i miei attori ci siamo detti che il teatro che stavamo raccontando è amore e gioia e niente più, questo raccontiamo: amore, gioia e vita. In sintesi, un allestimento scarno, non realistico ma vero, puro, che chiede al pubblico di essere e sentirsi parte della storia che viene raccontata. Avvicinare le distanze per condividere la furia, le emozioni e i dolori che esploderanno inevitabili. Uno spettacolo libero e lieve, che nasce da un grande desiderio per l’improvvisazione e l’autenticità››.
Marco Lorenzi

BIO
“Affrontare i classici come fossero testi contemporanei e i testi contemporanei come fossero testi classici”. Su questo duplice percorso si muove Il Mulino di Amleto, considerata una delle più attive compagnie under 35 della scena piemontese, nata nel 2009 da un gruppo di giovani attori diplomati alla Scuola del Teatro Stabile di Torino. Gli spettacoli, diretti da Marco Lorenzi, sono stati portati in tutta Italia ma hanno raggiunto anche la Cina e la Svizzera. “Gl’Innamorati” di Goldoni, co-prodotto dal Teatro Stabile di Torino, dal 2014 ha raggiunto più di 80 date in Italia e all’estero. La collaborazione con il Teatro Stabile di Torino ha inoltre portato alla produzione nel 2015 della “Cenerentola” per le scuole e de “L’albergo del libero scambio” da G. Feydeau con la riscrittura di Davide Carnevali, e del “Romeo e Giulietta” nel 2018. Ancora del 2015 è la prima partecipazione al Festival delle Colline Torinesi con “M. – Una scanzonata tragedia postcapitalistica” da B. Brecht. Nel 2016 partecipa per la prima volta al festival GIOCATEATRO di Torino con “Giardinetti”, il suo primo spettacolo di teatro ragazzi. “Il Misantropo di Molière. Una commedia sulla tragedia di vivere” insieme è realizzato nel 2017 grazie alla collaborazione con il centro di produzione La Corte Ospitale, nell’ambito di un progetto residenziale ed è vincitore del premio del pubblico nell’ambito del bando Theatrical Mass di Campo Teatrale tra 407 candidature ricevute. Nello tesso anno la compagnia è tra i 15 finalisti del Premio Scenario 2017 con il progetto “Senza Famiglia” di Magdalena Barile. Nel 2017 debutta anche “Ruy Blas. Quattro quadri sull’identità e sul coraggio”, adattamento dell’opera Ruy Blas di Victor Hugo. Lo spettacolo, co-prodotto con TPE – Teatro Piemonte Europa, ha vinto il bando SIAE Sillumina Nuove Opere – Copia privata per i giovani, per la cultura. L’ultimo lavoro della compagnia “Senza Famiglia”, ha debuttato a Milano a Campo Teatrale nel febbraio 2019, realizzato in coproduzione con Tedacà, Campo Teatrale e Acti Teatri Indipendenti, con il supporto di Residenza IDRA e Armunia nell’ambito del progetto CURA 2018 (vincitore Cura 2017), con il sostegno del Centro di Residenza della Toscana (Armunia Castiglioncello – CapoTrave/Kilowatt Sansepolcro).

Platonov. Un modo come un altro per dire che la felicità è altrove
DA ANTON CECHOV

Uno spettacolo di Il Mulino di Amleto

Regia Marco Lorenzi

Riscrittura Marco Lorenzi e Lorenzo De Iacovo

con Michela Sinisi e Stefano Braschi, Roberta Calia, Yuri D’Agostino, Barbara Mazzi, Stefania Medri, Raffaele Musella, Giorgio Tedesco, Angelo Maria Tronca
Produzione Elsinor centro di produzione teatrale TPE – Teatro Piemonte Europa, Festival delle Colline Torinesi – Torino Creazione Contemporanea

con il sostegno di La Corte Ospitale – progetto residenziale 2018

in collaborazione con Viartisti per la Residenza al Parco Culturale Le Serre si ringrazia lo sponsor Antica Distilleria Quaglia

Io ho la sensazione che Il Mulino di Amleto, nel mettere in scena Platonov, in realtà non metta in scena solo Platonov ma l’intero comparto drammaturgico/umano che alberga nelle grandi storie di Čechov; ho la sensazione che il testo che Čechov scrisse a vent’anni e che subito distrusse con un impeto senza misura (testo che oggi possiamo leggere perché una copia, scritta a penna, è stata ritrovata in un cassetto dopo la sua morte) non sia la partenza ma piuttosto l’approdo di un viaggio compiuto in tutta la russità teatrale cechoviana

A.Toppi. Il Pickwick

Sinisi-Platonov al centro come un atomo e gli elettroni che lo cercano, governati dalle forze contrastanti di attrazione e repulsione, amore e schifo, si avvicinano e se ne allontanano, sono irrimediabilmente affascinati e ne sentono ribrezzo, ma non ne possono fare a meno. Platonov (prod Elsinor, Tpe, Festival delle Colline torinesi, debutto al Sala Fontana milanese) è allo stesso tempo Pinocchio e Lucignolocosparso di quel dongiovannismo che non è manierato né ricerca della vanità quanto fragilità maschile, desiderio e verità.
T. Chimenti, Recensito.net

A questo punto, avrete intuito che lo spettacolo di cui parliamo procede – molto efficacemente, e sempre con piglio ironico – su un doppio binario espressivo che alterna un minimalismo realistico addirittura maniacale (vedi lo zampirone che viene acceso all’inizio, perché, diamine, siamo in campagna e in campagna ci sono le zanzare) all’iperbole spudoratamente surreale (vedi quella vodka che davvero scorre a fiumi, fino alla doccia finale che investe l’intero manipolo di quei perdigiorno gozzoviglianti per mezzo di uno spruzzatore d’insetticida).
E. Fiore, ControScena

Il merito del regista Marco Lorenzi è proprio quello di rendere l’anima del testo in presa diretta, strappando via il tulle, grattando via la melanconica doratura dei personaggi, traccia mnestica dell’esegesi stanislavskijana che già indispettì l’autore, per far posto ad una vocalità spontanea, ad una recitazione immersa nella verità fino al tallone. Non si teme in questo lavoro teatrale di sporcare la tela dei significati con secchiate di vernice, come nella pittura di Pollock si lascia gocciolare la vodka sui gesti, le parole e ancor prima sulle intenzioni, ed il quadro che ne risulta è piacevolmente materico.
D. Caravà, MilanoTeatri

Il regista, Marco Lorenzi, cortocircuita con sketch veloci l’incompiuto testo del maestro russo mischiandolo a temi e personaggi di oggi, e dimostrando come i classiconi possano sempre essere, se c’è l’ispirazione, sorgenti inesauribili.
M. Weiss, La Stampa

Platonov. Un modo come un altro per dire che la felicità è altrove

Fonte: Ufficio Stampa

Eventi simili