Cultura Empoli
da sabato 23 Novembre 2013 a domenica 15 Dicembre 2013
“Omaggio a Giuseppe Verdi” in occasione del 200º anniversario della nascita del compositore italiano. In mostra allo Shalom le opere di Marcello Ciampolini
Dal 23 novembre al 15 dicembre presso il Teatro Shalom di Empoli (via Busoni 24) si terrà la mostra di pittura “Omaggio a Giuseppe Verdi” in occasione del 200º anniversario della nascita del compositore italiano. In esposizione, le opere di Marcello Ciampolini.
L’inaugurazione della mostra avverrà sabato 23 novembre alle 17.00. presentano, Don Wieslaw Olfier e l’architetto Vincenzo Mollica.
Marcello Ciampolini: Stanze Verdiane
Questi giorni inquieti e disattenti, ci sfiorano con la vertigine e la inconsistenza del racconto che compone l’ormeggiare del nostro vivere. Invocazioni di poeti, collages di fotografi, astrazioni di pittori, rimuovono l’acqua del loro narciso per evitare il riflesso del nostro smarrimento. Non è bisogno d’amore per l’uomo che muove l’anima, ma coito esistenziale, soprassalto di pulsioni, residui di una necessità primitiva che procede per inerzia elementare. La sindrome di attenzione ci rende disponibili a sollevare qualunque tipo di velo, mentre la noia ci attanaglia nello scandalo che non riesce più a fare scandalo. Domani, ritroveranno gli avanzi di una truppa in fuga, senza orologi, perché il rapporto col tempo era divenuto insostenibile e, dunque, era giusto e inevitabile liberarsi di un dono divenuto fardello ingombrante. Rimuoverlo, cancellarlo, perché estraneo al progetto educativo dell’animale consumatore.
Ma in questo tratto di sera le orme di alcuni tuareg segnano ancora il deserto sotto la luna. Isole di resistenza che non riescono a formarsi arcipelago, ma che la disperazione, lo spirito di sopravvivenza, il bisogno di speranza, trasformano in fuga. Questo sacrale passaggio di testimone tra padri e figli segnala l’implorazione patetica di una generazione divenuta incapace di custodire il futuro dei suoi eredi, lasciati nella pianura del mondo come agnelli sacrificali, spersi ad affrontare la semina del loro avvenire. Dovranno procedere senza voltarsi se vorranno coltivare altre parole per comporre il dizionario di una nuova libertà.
Marcello Ciampolini vive, ormai sono anni, come Diogene, rinchiuso nel suo studio. Cercando l’uomo che attraversa il tempo estraneo ma, nello stesso modo, cercando l’uomo sconosciuto che è dentro di lui. Non sappiamo se ritenerlo cittadino cosmopolita. Certo, non ha di Diogene la stessa concezione della decenza, ma con la stessa intensità del ”cinico” filosofo , ha consacrato la sua anima al Signore, del quale ne accerta la presenza tra gli uomini. Racconta l’uomo odierno,nelle suoi turbamenti e nei suoi eccessi, nella sua lotta impossibile contro il male, che lo vede quasi sempre soccombere. Per questo, affida alla luce divina, che pervade i suoi quadri e trabocca da ogni cornice, la speranza e la fiducia che le ombre, oltre un certo confine, possano dissolversi, se ci rendiamo disponibili all’ascolto della verità.
In tempi insolenti, come gli attuali, perdersi è niente. Ma ritrovarsi, vuole dirci, non è il pronunciamento di una formula, genuflettersi nella comodità domenicale. Semplicità non coincide con semplificazione e salvezza non coincide con scorciatoie corruttive e tangentate. Marcello, questo scambio non l’ha mai praticato e non lo accetta, anzi reagisce con fermezza verso certe forme di perdono che gli traspaiono troppo alla portata. Il suo rigore,condiziona il suo percorso, impedendogli di comprendere quanto il nostro egocentrismo e la nostra superbia ci tengano lontani dall’altezza del messaggio contenuto nel perdono.
L’incontro con la musica di Giuseppe Verdi può figurare come circostanziato dalle celebrazioni dell’anniversario della nascita del musicista, ma presto Ciampolini ha trasferito la immedesimazione del dramma operistico nei suoi dipinti, trasponendola secondo finalità altre e personali. Tanta è apparsa intensiva la introspezione psicologica dei personaggi verdiani, che si è visto preso dal bisogno di rappresentare l’attualità del dramma. Violetta e Alfredo, Nabucodonosor e Abigaille, Aida e Radames, sono solo nomi diversi con i quali classificare le passioni degli uomini e delle donne contemporanee. Vicende che nel loro racconto , offrono a Ciampolini l’occasione per sottolineare la persistenza del dualismo tra bene e male,vita e morte, gioia e dolore, lungo il disegno del destino che accompagna la strada di ogni essere umano,in ogni tempo e in ogni luogo, sia esso protagonista , componente del coro, o semplice spettatore. Così, le ambientazioni irradiano luce per esprimere l’amore e la felicità degli attori, o si fanno cupe quando la morte segnala il suo approssimarsi. Perché la morte è in agguato, sempre, ed esige lo svolgersi del suo incarico. Alfredo cerca persino di sfidarla,come tanti di noi del resto, ma l’impresa ha sempre la stessa inevitabile conclusione. Allora torna, drammatica, la domanda : che possiamo fare, noi, di fronte a queste volontà superiori, al procedere del tempo e del dolore, al corso della luna, che declina sugli anni di ciascuno di noi? Possiamo ribellarci ? O dobbiamo assistere impotenti al corso degli eventi, e pregare? Dobbiamo reagire alla sorte e sfidare questa volontà con le nostre domande, o chiedere aiuto perché le nostre passioni non si smarriscano nei territori del male? Marcello sembra volerci rassicurare che dal fondo di ogni stanza, anche la più nascosta alla luce, possa trapelare un barlume, una fiamma che tracima la notte come l’acqua l’orlo del bicchiere, in modo che anche il cieco la possa vedere e raggiungerla. Questo vogliono dirci i fondi viola spietati o le spirali impalpabili che attraversano le stanze di Amneris.
Ciampolini, riesce in modo sapiente, a guidarci in queste trasparenze raffinate e attrarci con le sue trasfigurazioni. La sua manovra è lenta, perché il suo costruire ripete le stratigrafie del laboratorio antico. Ciampolini, reclama il suo tempo, sebbene il tempo gli ricorda il suo trascorrere imperturbabile. Ciampolini, continua a cercare, col vento e la pioggia, al riparo della sua“botte”, perché come Diogene si sente impegnato a dimostrare la regressione del nostro vivere odierno, rispetto ai precetti che ci eravamo assunti. E avverte l’approssimarsi dell’abisso che ci stiamo costruendo in collaborazione col male.
Affermare che l’avvicinarsi della sera sia la ragione di questo suo cammino, sarebbe semplicistico e riduttivo. Ogni essere umano, viaggia nel mondo in cerca del significato del suo esistere, senza il quale, probabilmente, perderebbe senso la sua stessa vita. Cosa accade a una persona smarrita,quando stanca di sbattere da una all’altra parete, scambia la porta d’uscita con la liberazione della morte?
Marcello, ha scelto di non fermarsi sul davanzale della finestra, ornandolo, con i fiori di stagione. E questo, attenzione, non significhi che attraverso un fiordaliso appassito non si possa interrogarsi sul destino dell’uomo. Lo hanno fatto in modo sublime vari autori. Marcello, ha scelto di guardare dentro l’uomo , di vivisezionarlo attraverso il suo racconto pittorico. E nel tentativo di mostrarci le nostre debolezze, attraverso un Dio talora lontano,o ” forse troppo occupato,” per dirla alla De Andrè, ci racconta il suo percorso e le sue cadute. In modo sincero e diretto, con un linguaggio che sembra riavvolgere il tempo, per rimuovere l’intervallo dizionaristico della rappresentazione pittorica e ricondurlo all’immagine dell’uomo nella primitiva essenza figurativa, prima che la purificazione del colore maturasse la vaporizzazione rothkiana .
Affrettati da impegni effimeri, srotoliamo giudizi preconfezionati, in base agli umori di giornata o attraverso i copia- incolla dei tg serali. Conviviamo, senza domandarci la ragione delle nostre orbite saturnine. Eppure, dovremmo trovare il coraggio di rispondere ai dubbi che ci accompagnano in maniera ineludibile lungo il tragitto. Perché non è impedito il raggiungimento della serenità, della quiete laica, senza l’assillo o il ricatto della morte. Può essere che si diventi saggi, tramite il convincimento sapiente della nostra non indispensabilità di fronte all’universo(Scalfari). Ma per per raggiungere questo livello di consapevolezza, bisogna prima attraversare l’oceano. E il mare è spesso in tempesta.
Vincenzo Mollica
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