Cultura Empoli

da venerdì 1 Maggio 2015 a domenica 10 Maggio 2015

Mostra dell’empolese Bruna Scali sugli studi preparatori dell’affresco nella chiesa dell’Immacolata di Valdorme a palazzo Ghibellino di Empoli

bruna_scali

mostra di Bruna Scali

Dal 1 al 10 di maggio a Palazzo Ghibellino presso il Circolo Arti Figurative si svolgerà la mostra dell’artista empolese Bruna Scali.

Insieme ad altre opere dell’artista sarà esposto il nuovo Gonfalone del Volo del Ciuco insieme aii disegni preparatori

La mostra è dell’artista empolese Bruna Scali sugli studi preparatori dell’affresco nella chiesa del Pozzale (mt 5×4); è disponibile il libro che contiene contributi di sua Eminenza il  Card. Silvano Piovanelli, il parroco Don Nicola La Rocca, Silvano Salvadori, Maria Grazia Arrighi, Paolo Pianigiani, Claudio Freschi, Giuliana Cinni e Alfredo Leo.

Oltre a tutti gli studi preparatori per l’affresco alla chiesa della Beata Vergine Immacolata in Valdorme del Pozzale, ci sono proiezioni su tutta l’attività di decorazione murale della Scali.

Inoltre è stato riproposto l’allestimento, dopo la via dei Presepi di Castelfiorentino, sui naufragi dei migranti.

 Chiesa dell’immacolata di Valdorme: un quadro di Bruna Scali 

All’interno del progetto di rinnovamento del patrimonio iconografico della Chiesa di dell’Immacolata di Valdorme, che ha previsto anche una riqualificazione architettonica, si situa l’opera commissionata alla pittrice Bruna Scali.

Nel presbiterio le alte pareti che incorniciano l’altare sviluppano il tema della devozione.

Nel centro in alto la vetrata tonda della colomba dello Spirito ha sotto di sè la statua della Madonna. Sulla sinistra è collocato il quadro in oggetto. La copia in vetroresina del crocifisso ligneo cinquecentesco (oggi nella pieve di Borgo San Lorenzo), che fin dalla costruzione sovrastava il presbiterio, è ora collocato sulla parete destra della navata con una statua della madonna dolente ai suoi piedi. Nella parete di sinistra è il quadro di San Ranieri, già nella cappellina della frazione.

La Chiesa, costruita nel 1960, ha avuto ad oggi tre sacerdoti dei quali deve essere testimoniata l’importante funzione pastorale per la comunità del Pozzale.

L’edificio si collocò nel paese in basso, andando così a sostituire la primitiva chiesa di San Giusto, su un poggio che domina la valle, lungo l’antica via “Salaiola”, che un tempo era la via del “sale” ove transitavano i carichi di salgemma che da Volterra arrivavano agli scali fluviali empolesi. La si intravede nello sfondo del paesaggio.

L’artista ha ritenuto quindi di ricordare questa testimonianza col porre in alto alla pittura S. Giusto che fu Vescovo di Volterra (†5 giugno 556), con la palma del martirio. Nel suo volto è adombrato il primo parroco della nostra chiesa: don Quirino.

A lui rendono omaggio, alla sinistra l’attuale parroco, don Nicola, e a destra il suo predecessore, don Dino con il Messale fra le mani.

Un folto gruppo di fedeli si accalca intorno a questi personaggi.

Sullo sfondo a sinistra sono uomini, donne e bimbi, ormai defunti che hanno avuto rapporti con la parrocchia; fra questi spicca con la tavolozza in mano il pittore Virgilio Carmignani, autore degli affreschi, con storie di Maria, della chiesa dell’Immacolata.

Sulla destra una varia umanità di personaggi, alcuni dei quali hanno contribuito alla realizzazione dell’opera, porge il proprio omaggio al Santo.

Il mondo contadino è presente con le sue semplici offerte di devozione: un paniere con uova e una cesta col granturco.

Nel primo piano i più bisognosi, i sofferenti nel corpo, fra cui un ragazzo su una sedia a rotelle, si inginocchiano porgendo l’omaggio del loro dolore, condivisione di quello del Cristo.

In basso a sinistra un cesto con i rigogliosi frutti della nostra terra fa bella mostra di sé; da esso un tralcio di vite, simbolo cristiano per eccellenza, si innalza quasi a voler riportar la vita al gruppo dei defunti.

Bianche colombe in volo si librano nel cielo attraversato anche dall’arcobaleno, su cui si staglia in lontananza una fanciulla dolente.

(Allestimento)

NATALE DEI MIGRANTI 

Da “La zattera della Medusa”, 1819, (491×716 cm)  di Théodore Géricault Museo del Louvre

Fu quello del 5 luglio 1816 uno dei più tragici episodi di naufragio: a causa delle negligenze del comandante non bastarono le scialuppe e quindi 142 persone furono imbarcate su una zattera di fortuna, ma soltanto 13 fecero ritorno. Una cronaca riporta. « La zattera condusse i sopravvissuti alle frontiere dell’esperienza umana. Impazziti, assetati e affamati, scannarono gli ammutinati, mangiarono i loro compagni morti e uccisero i più deboli. » Le polemiche che seguirono determinarono anche la caduta del governo francese. Quest’opera monumentale divenne icona di passaggio al Romanticismo.

Anche quest’anno abbiamo visto numerose tragedie del mare di cui sono stati protagonisti i migranti e pertanto, al di là delle polemiche e delle ideologie, crediamo doveroso risvegliare il nostro senso di misericordia per esseri umani che fuggono dalle tragiche vicende dei loro paesi. Quel dio, che non trovò ospitalità Betlemme, oggi invece di una grotta avrebbe certo scelto una barca come questa per nascere e richiamare la nostra attenzione verso gli ultimi.

Non possiamo non sentirsi responsabili degli atteggiamenti che serpeggiano sempre più fra noi, volti all’indifferenza quando non ad un razzismo omicida.

Lo scopo di questo nostro “Natale dei migranti” è quello di richiamarci a quei valori di misericordia che ci rendano degni ancora del nome di uomini.

Fonte: Ufficio Stampa

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