Teatro Spettacoli Firenze
da mercoledì 14 Maggio 2014 a giovedì 15 Maggio 2014
Meg Stuart e Xavier Le Roy: grandi protagonisti della danza internazionale a Fabbrica Europa
Grandi protagonisti della danza internazionale a Fabbrica Europa. La celebre coreografa americana Meg Stuart con “Violet” in prima nazionale. Il coreografo e micro-biologo francese Xavier Le Roy in “Self Unfinished”.
14, 15 maggio ore 21 – Stazione Leopolda (via Fratelli Rosselli 5 ) Firenze
MEG STUART
VIOLET (2011) _ Prima Nazionale
Coreografia: Meg Stuart _ Creato con: Alexander Baczynski-Jenkins, Varinia Canto Vila, Adam Linder, Kotomi Nishiwaki, Roger Sala Reyner _ Interpreti:Marcio Kerber Canabarro, Varinia Canto Vila, Renan Martins de Oliveira, Kotomi Nishiwaki, Roger Sala Reyner – Musica live: Brendan Dougherty – Drammaturgia: Myriam Van Imschoot _ Scenografia: Janina Audick – Disegno luci: Jan Maertens – Costumi: Nina Kroschinske
Ringraziamenti: Ulrike Bodammer, Eric Andrew Green, Claudia Hill, Leyla Postalcioglu, Anna-Luise
Recke, Annegret Riediger, Jozef Wouters _ Produzione: Damaged Goods (Brussels) _ Coproduzione: PACT Zollverein (Essen), Festival d’Avignon (Avignone), Festival d’Automne à Paris (Parigi), Les Spectacles vivants – Centre Pompidou (Parigi), La Bâtie-Festival de Genève (Ginevra), Kaaitheater (Bruxelles) – In collaborazione con: RADIALSYSTEM V e Uferstudios (Berlino) _ Con il sostegno speciale di: Hauptstadtkulturfonds (Berlino)
Meg Stuart & Damaged Goods sono sostenuti da: Flemish authorities e Flemish Community Commission
– Durata: 75 minuti
Mercoledì 14 maggio ore 16, LE MURATE/Sala Vetrate (piazza delle Murate) – ingresso libero
INCONTRO con Meg Stuart. Presenta Marinella Guatterini, critico.
Cinque danzatori svelano simultaneamente e singolarmente, in modo straordinario, un paesaggio pieno di energia, un terreno carico di possibilità. Le loro azioni sono manifestazioni di fenomeni impetuosi, invisibili ma sempre attivi e dinamici. Violet è una discesa vorticosa in un gorgo, un turbinio di forme energetiche e di sculture cinetiche piene di dettagli, accompagnate sul palco dalla musica elettronica e dalle percussioni live di Brendan Dougherty. Dopo un periodo di contaminazioni con altre forme d’arte e di collaborazioni, Meg Stuart torna con Violet al movimento come motore primario del suo lavoro, unendo alla coreografia l’alchimia dei sensi. Forse il pezzo più astratto della sua lunga carriera, Violet (che ha debuttò nel luglio 2011 a Essen) porta il segno inconfondibile della sua ricerca, un’arte che si focalizza su una fragile ‘condition humaine’ nel suo intenso apparire.
Dichiara Meg Stuart: “Io ho voluto pormi la sfida di spogliare del tutto le cose e, prendendo il movimento come punto di partenza, di capire come arrivare a un’astrazione. Non ho voluto però fare qualcosa di troppo analitico e freddo; io credo sempre fortemente nel potere del teatro di comunicare al pubblico. Ho cominciato a indagare i modelli energetici presenti in natura e i simboli alchemici che oggi hanno perso il loro significato ma che sono ancora carichi di un senso innato. Abbiamo così provato a trasferire, attraverso il movimento, i simboli nel corpo, infondendovi umana intensità. Ho voluto pensare come se i danzatori facessero un viaggio rituale. Essi sono cinque voci che possono essere udite simultaneamente ma che non producono mai un unisono. Ogni danzatore si muove usando un unico vocabolario fisico comune a tutti; essi cercano soluzioni energetiche, lottando con insistenza e con le loro proprie possibilità e limitazioni. Il lavoro non ha un tema specifico, ma io ricordo una prova particolarmente significativa. Stavamo lavorando su alcune idee nel tentativo di imbrigliare l’energia cinetica e di immaginare la devastazione che essa potrebbe causare; stavamo pensando a corrosione, coagulazione, cose che si accumulano. Uno dei ballerini stava per andare in vacanza in Giappone quando, all’improvviso, ci fu lo tsunami. Non dico che la performance è su quello, ma certamente gli eventi esterni hanno influito in qualche modo sul lavoro. Anche la musica è molto importante e inquadra ciò che fanno i danzatori. Brendan è stato coinvolto nel lavoro a un livello molto profondo, non ha mai perso una prova. Il suono è molto forte per buona parte dello spettacolo, ma dopo il silenzio riecheggia. È percepito quasi fisicamente dal pubblico. E il titolo? Violet è l’ultimo colore nello spettro, prima della luce ultravioletta, prima dell’ignoto, prima dell’impercettibile. Mi piace questo concetto”.
La critica.
Una serata di grande potenza. Fisicamente coinvolgente fino all’ultimo nervo, per i danzatori come per il pubblico. Come al solito i danzatori di Meg Stuart sono sofferenza dell’anima nel movimento ripetuto del corpo. Il grido muto, le mani tremanti, i fremiti a terra testimoniano di fragilità. Eppure questa volta è tutto diverso. Sarah Heppekausen, WAZ/NRZ Feuilleton, 10/7/2011
Scioccante, ma estremamente vivo: cinque danzatori in un turbine astratto che ti spazza via. Hans-Maarten Post, Utopia Parkway, 21/7/2011
Tsunami Stuart. L’ultima pièce di Meg Stuart trascina danzatori e spettatori nell’accettazione estrema di un’immersione nelle forze sfrenate del mondo. Mouvement, 26/7/2011
Spinta da un suono potente e da un rimbombante silenzio, la nuova coreografia di Meg Stuart incanala le energie represse – naturali, musicali e alchemiche – e colpisce con la forza di uno tsunami. Oonagh Duckworth, The Bulletin, 22/9/2011
Questa pièce non è per il timido o il sensibile. Come in un “drug trip”, produce un’alterazione del proprio stato mentale (…). Sebbene il lavoro della Stuart tenda a essere impegnativo, nel percorso c’è qualcosa che somiglia alla trance, qualcosa di assolutamente indimenticabile. Alena Giesche, Thalo Magazine, 6/3/2012
Per descrivere Violet, non si ha bisogno di molte parole. Cinque performer su un palcoscenico vuoto; un musicista col suo laptop e le percussioni sulla sinistra; pavimento bianco; sfondo nero leggermente riflettente. I movimenti: pulsioni, torsioni, ripetizioni, astrazione estrema. Il paesaggio sonoro: rumoroso, vibrante, forte. La coreografia fluisce come una lunga corrente continua che viene e va come un’onda. A volte è rapida, spasmodica, ipnotizzante, altre è statica, riflessiva, tenue. Minimalismo è il nome di questo gioco. Ma ciò che questo spettacolo produce in te è ben lontano dalla minima, semplice azione. Ti sommerge, ti inonda, ti scuote, e ti porta via. Ritrovi te stesso in qualche luogo nel tuo profondo, fluttuando proprio di fronte ai tuoi pensieri, sentimenti, sensazioni. E allo stesso tempo, diventi più grande, dilatato, e riempi ogni spazio. La tua percezione si amplia, come il tuo intero corpo che risuona con l’energia proveniente dal palcoscenico. E prima di accorgertene, sei fuori dal teatro, chiedendoti cosa è appena accaduto. Sembra come se fossi appena stato in trance. Con una tristezza dolce e amara, tu sai che non troverai mai le parole giuste per descrivere il tuo viaggio ormai distante. Oana Tarce, Springdance Stage, 2012
Meg Stuart è una coreografa e danzatrice americana che vive e lavora tra Berlino e Bruxelles.
Dopo aver compiuto gli studi a New York e accogliendo un invito dal Klapstuk festival di Leuven (Belgio), crea la sua prima pièce, Disfigure Study, che lancia la sua carriera coreografica in tutta Europa.
Stuart fonda la sua Compagnia, Damaged Goods, nel 1994, con la quale realizza più di 30 produzioni, alternando tra assoli e coreografie su larga scala, creazioni site-specific e progetti di improvvisazione. Collabora con molti artisti, tra i quali Philipp Gehmacher, Doris Dziersk,Brendan Dougherty, Ann Hamilton, Claudia Hill, Benoît Lachambre e Hahn Rowe. Realizza residenze al Schauspielhaus Zürich (2000-2004) e al Volksbühne am Rosa-Luxemburg-Platz di Berlino (2005-2010). Su invito dell’amministratore Johan Simons, Meg Stuart/Damaged Goods diviene artista associata al Münchner Kammerspiele nel 2010.
Damaged Goods ha una collaborazione in corso con il Kaaitheater (Bruxelles) e il HAU Hebbel am Ufer (Berlino). Nel 2008 Meg Stuart riceve il Bessie Award per l’insieme del suo lavoro e il Flemish Culture Award nella categoria performing arts; nel 2012 viene premiata con il Konrad-Wolf-Preis dall’Akademie der Künste di Berlino. Il nuovo solo, Hunter, ha debuttato nel marzo 2014 presso il HAU Hebbel am Ufer di Berlino.
Biglietti: € 20 / 15 _ PREVENDITA: Circuito Box Office Toscana www.boxol.it – Tel. 055 210804
14, 15 maggio ore 19 – Cango Cantieri Goldonetta (via S. Maria 25) Firenze
XAVIER LE ROY
SELF UNFINISHED (1998)
Di e con: Xavier Le Roy _ Con la collaborazione di: Laurent Goldring _ Musica: Diana Ross
Organizzazione: Vincent Cavaroc e Fanny Herserant – Illusion & Macadam
Produzione: in situ productions e Le Kwatt _ Coproduzione: Substanz-Cottbus, TIF Staatsschauspiel Dresden, Fonds Darstellende Künste e.v. aus Mitteln des Bundesministeriums des Innern
Con il sostegno di: TanzWerkstatt-Berlin, Podewil-Berlin et Berlin Senatsverwaltung für Wissenschaft,
Forschung und Kultur
– Durata: 55 minuti
Giovedì 15 maggio h 16, LE MURATE/Sala Vetrate (piazza delle Murate) _ingresso libero.
INCONTRO con Xavier Le Roy.
Introduce Isabelle Mallez, direttrice Istituto Francese di Firenze, presenta Rossella Battisti, critico
In questo progetto del coreografo e micro-biologo francese Xavier Le Roy, il corpo umano non è considerato come un insieme di stati fissati, ma come una serie di processi e trasformazioni che ne esplorano il funzionamento. Self Unfinished è una ricerca sulle mutazioni di un organismo quando cessa di essere ciò che è, per diventare ciò che non è. Si tratta di un processo di decostruzione e ricostruzione per arrivare a una sorta di corpo umano ‘disorganizzato’. Tutto parte dall’idea di combinare diverse similitudini fisiologiche e formali, imponendo alla ‘figura umana’ diverse ‘immagini del corpo’ e cercando di creare delle zone indiscernibili. Le forme che risultano dalle diverse ‘immagini del corpo’ entrano in un flusso di movimento che scopre la possibilità di andare e venire tra forma e deformazione, o da forma a informe, in un processo che richiede una percezione attiva da parte di chi osserva. La struttura della pièce cerca di confondere inizio e fine, così come qualsiasi cronologia temporale e percezione di causa/effetto fra azione e movimento. Un dispositivo ridotto al minimo in cui il biancore dello spazio scenico e dell’illuminazione provocano una sensazione di sovra-esposizione confondendo piani e prospettive.
Xavier Le Roy: “Coreografia presentata all’interno di uno spazio abitato solo da un tavolo, una sedia, uno stereo; il tutto illuminato da 36 neon. Se i lavori precedenti erano basati su un corpo che si decostruisce per creare movimenti specifici associati alle rappresentazioni così prodotte, qui il corpo è considerato come un tutto che si trasforma in una moltitudine di rappresentazioni in divenire e si interroga sul concetto di “informe”. Il movimento di trasformazione continua del danzatore protratto nel tempo in seno a un dispositivo dove niente è nascosto, o tutto è sovraesposto, consente allo spettatore di assistere alle illusioni prodotte dall’alternarsi di apparizioni e sparizioni, le cui cause ed effetti sono percepiti senza interruzione come interazione tra i movimenti del danzatore e gli sguardi dello spettatore. Questa pièce è stata creata in assoluta solitudine per mettere in discussione i metodi di produzione coreografica tradizionali. Abitualmente, questi fanno appello ad altri danzatori, a un disegnatore luci, a un compositore, un costumista e uno scenografo, che così influenzano un certo tipo di collaborazione dalla quale volevo emanciparmi al fine di produrre altre forme coreografiche”.
Il corpo del danzatore si trasforma in tempo reale in una serie di aberrazioni morfologiche allucinogene, le immagini di un organismo che ricostituisce la sua forma successiva di leggi sconosciute e secondo un ritmo inquietante e disumano. Fa lunghe pause, spostamenti infiniti e comincia a strisciare bruscamente. Al di là della distorsione che effettua sullo “spettacolo di danza”, Xavier Il Roy apre un campo inedito dove dei dati scientifici e sociali si trasferiscono e si imprimono nell’immaginario delle rappresentazioni del corpo.
François Piron| Journal des arts de Connivence, 6e biennale de Lyon
Xavier Le Roy si sposta al di qua del linguaggio. Come nel suo celebre assolo Self Unfinished. La sua attenzione cade sugli isomorfismi delle estremità del corpo. Piega il suo corpo in modo da rivelare realmente che questo possiede una storia cellulare. Il suo lavoro mi ha permesso di comprendere infatti che è una cosa miracolosa se la testa si trova alla sommità delle spalle, e i piedi sotto le anche. E dunque, in modo completamente cosciente e deliberato, egli ha creato una fuga delle possibilità isomorfiche del corpo. Alla fine dello spettacolo, ci restituisce il corpo umano sotto la sua forma misconosciuta. Ed io ho sentito che ci ha offerto l’opportunità di assistere alla creazione mentre si compiva, perché la maggior parte della creazione si colloca a un livello biologico. (…).
William Forsythe| Extrait de “Forsythe, Révolution de Principe”. Mouvement n°18, sept/oct 2002
Biglietti: € 15 / 12 _ PREVENDITA: Circuito Box Office Toscana www.boxol.it – Tel. 055 210804
INFO: Fondazione Fabbrica Europa per le arti contemporanee
Tel. 055 2638480 / 055 2480515
info@fabbricaeuropa.net – www.fabbricaeuropa.net
Fonte: Fabbrica EuropaEventi simili
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