Cultura Montelupo Fiorentino

giovedì 17 Ottobre 2013

“Lo sguardo delle donne”: una rassegna cinematografica dedicata alle registe di Nord Africa e Medio Oriente

 

Prosegue il progetto “Mille e una donna” promosso dalla Fondazione Museo Montelupo e dal comune di Montelupo Fiorentino.

 

Attraverso incontri, seminari, mostre, rassegne teatrali e cinematografiche la rassegna vuole indagare il ruolo centrale che viene ora riconosciuto alla creatività femminile nei diversi settori dell’espressività artistica – dall’arte visiva alla musica, dalla danza alla poesia, dalla letteratura al cinema, dal teatro alla fotografia e naturalmente alla ceramica.

 

Nella prima parte dell’anno si sono tenuti incontri che hanno visto come protagoniste scrittrici, poetesse, ceramiste, musiciste. A partire dal 17 ottobre presso il Cinema Mignon inizierà una rassegna cinematografica che ruota attorno a questo tema.

 

La rassegna cinematografica  è curata da Anna Vanzan,  iranista e islamologa, scrittrice e docente, PhD – New York University ed esperta di questioni di genere nelle realtà islamiche, oltre che membro della Società Italiana delle Storiche.

 

 

«La creatività delle donne della vasta area del Nord Africa e Medio Oriente (comunemente definita MENA) è tanto controversa e discussa nel mondo occidentale quanto spesso poco nota. Esigenze di mercato e il bisogno di trovare costanti conferme alle proprie sicurezze fanno sì che la produzione artistica di quei mondi vicini eppure lontani venga filtrata in base a quelle che si pensano siano le esigenze del pubblico occidentale: si prediligono quindi temi “esotici” e/o storie che confermino le difficoltà in cui si dibattono le donne nelle società “altre” (soprattutto in quelle da noi definite islamiche), anche a discapito della qualità artistica.
Ciò è vero per quanto riguarda la letteratura, le arti visive, e il cinema, che risulta doppiamente penalizzato, poiché alle difficoltà comuni alle altre opere, in un film vanno aggiunti gli alti costi di produzione, le complesse operazioni per esportarlo e farlo conoscere ai festival internazionali, nonché i problemi legati alla sua distribuzione. Tuttavia, come testimoniano molte registe in Nord Africa e in Medio Oriente, i problemi di finanziamento non sono legati a un ipotizzabile sessismo tra i produttori, bensì a un’oggettiva, diffusa, cronica e globalizzata carenza di fondi riguardo le attività artistiche e culturali, specie se costose come un film.

 

Se nel mondo arabo le donne sono apparse alla regia già alla fine degli anni ’20 (soprattutto in Egitto e in Libano), costituendo, come comprensibile, un fenomeno di élite, è soprattutto nelle ultime decadi che si riscontra un incremento di produzione sia da parte di registe affermate,sia di giovani che si affacciano al cinema quale forma artistica privilegiata per poter esprimere loro stesse nonché per registrare i profondi cambiamenti che stanno vivendo le loro società. Si tratta di un fenomeno che fa dichiarare provocatoriamente alla regista palestinese Annemarie Jacir di percepire una maggior presenza di registe nel mondo arabo e iraniano rispetto a quante ce ne siano a Hollywood (The Guardian 3/4/2013).

 

Le registe arabe e iraniane contrappongono immagini vere agli stereotipi perpetuati su di loro in tante storie narrate da altri. Ciò non significa che rifiutino di narrare i problemi e le sfide che le donne delle loro regioni debbono superare quotidianamente, né che evitino il crudo realismo del cinema impegnato. Ma lo fanno a loro modo, spesso rivestendo di poesia situazioni scabrose, altre volte abbattendo tabù che raccontano con le tecniche del realismo magico, altre ancora semplicemente fotografando la realtà, senza commenti esotici. I ritratti che esse immortalano sono intensi e problematici, le tematiche attuali e vibranti, lo sguardo all’interno delle loro società profondo e pungente.
Questa breve rassegna intende non solo rendere omaggio a alcune di queste artiste, ma, in particolare, offrire nuove prospettive che aiutino a comprendere meglio ciò che sta accadendo dall’altra parte del Mediterraneo allargato»
(A. Vanzan).

 

Il primo appuntamento è previsto quindi per giovedì 17 ottobre alle ore 21.00. Dopo una breve presentazione della rassegna a cura di Anna Vanzan, alle ore 21.30 sarà proiettato il film  Barakat! (Basta!) per la regia di Djamila Sahraoui (Algeria/Francia 2006. 90′- versione arabo/francese, sottotitolata in italiano).
Il primo lungometraggio per la regista algerina è un film on the road: nell’Algeria degli anni ’90, alla vigilia di un lungo periodo di terrore che insanguinerà il Paese per oltre dieci anni, un giornalista impegnato scompare. La giovane moglie, Amel, medico di pronto soccorso, si mette sulle sue tracce aiutata da Khadija, un’infermiera del suo ospedale assai più anziana di lei.
Incuranti degli ostacoli che si frappongono al loro cammino, irto di posti di blocco, imboscate da parte di milizie armate e tappe forzate per il coprifuoco, le due donne sfidano un mondo maschile e patriarcale, consolidando un sentimento di amicizia e di solidarietà. Il viaggio attraverso i bellissimi paesaggi algerini è altresì simbolo del movimento delle donne e del fermento del cinema algerino.

 

Presentato a numerosi festival internazionali, Barakat è stato premiato, tra gli altri, al Festival del Cinema Africano di Milano e al Dubai Film Festival nel 2006 e al Panafrican Film and Television Festival di Ouagadougou (2007).
Djamila Sahroui è nata in Algeria nel 1950 e si è trasferita in Francia nel 1975. E’ soprattutto regista di documentari, quali Houria (1980); Avoir 2000 ans dans les Aurès (1990); Prénom Marianne ( 1992); La moitié du ciel d’Allah (1996); Algérie, la vietoujours (2001); Et les arbres poussent en Kabylie (2003). Il suo ultimo film è il drammatico Yema (2012), una co-produzione tra Francia, Algeria e Emirati Arabi.

 

Il programma

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