Spettacoli Montelupo Fiorentino

venerdì 20 Luglio 2018

Per Empoli Jazz a Montelupo è di scena il concerto di Stazioni Sonore

Stazioni Sonore

Venerdì 20 luglio, nel giardino del Museo Archeologico di Montelupo, con lo sfondo della villa medicea dell’Ambrogiana a fare da cornice, va in scena il concerto Stazioni Sonore, con Nico Vernuccio (contrabbasso) e Claudia Tellini (voce).

Ingresso gratuito

Un’estate all’insegna della cultura e delle arti a Montelupo Fiorentino. Nella ricca offerta di eventi non poteva mancare un appuntamento dedicato alla musica di qualità.
«Dopo il concerto invernale, che ha visto un’ottima risposta di pubblico, continua il sodalizio fra il comune di Montelupo ed Empoli Jazz: stavolta lo spettacolo si terrà all’aperto presso il Museo Archeologico.

Durante questa estate abbiamo cercato di organizzare gli appuntamenti in luoghi diversi in modo da valorizzare anche gli angoli meno conosciuti di Montelupo.
Abbiamo anche voluto proporre il concerto ad ingresso gratuito, proprio per consentire a tutti di godere di uno spettacolo di qualità», afferma l’assessore alla cultura, Aglaia Viviani.

Il concerto
Nicola Vernuccio e Claudia Tellini collaborano stabilmente in diversi progetti da circa sette anni. Il duo parte da una ricerca sul repertorio che somiglia a una lunga tessitura, di frammenti: operetta, musical, standards del jazz di sempre, gioielli delle tradizioni africane e mediterranee. L’improvvisazione e il canto, praticati con la semplicità del vero e leggerezza. Un lavoro aperto, in corso, anzi un viaggio vero e proprio, alla ricerca di stazioni, da scoprire con la curiosità e la poesia di una coppia affiatata e collaudata. Ogni tappa, e ogni itinerario, un’emozione che ripete e si reinventa. Insieme.

Claudia Tellini – Voce dalle ricche sfumature soul e blues, già solista nell’ensemble Jubilee Shouters, con il quale ha partecipato al Festival di Sanremo, ed inciso il CD ‘Black and Blue’, ed ha successivamente dato voce a Bess nella suite tratta dal Porgy & Bess di G.Gershwin, per opera di Mauro Grossi; soprano solista, sempre diretta da Grossi nella suite Sacred Concert di Duke Ellington; si muove con entusiasmo e successo nei luoghi del jazz toscano; nel 2002 incide un primo CD a suo nome, in quintetto (con M. Avanzini, L. Pieri, N. Vernuccio, C. Marchese) con unanime consenso della critica. Un secondo esce nel 2006 per la MinRecords con ‘Diverse Voci’ con Michela Lombardi, Vernuccio e Nino Pellegrini. Nel 2012 è in uscita il lavoro Eden, con e di Mauro Grossi. Fa parte del quartetto Swincanto con repertorio vario dal folk al jazz manouche alla musica italiana.E’ leader del quintetto Steveland, un lungo lavoro sulla musica del primo Stenie Wonder; di questo gruppo è in uscita il vinile nel 2012 per Minrecords. Ha collaborato con Maurizio Geri al cd Ancora Un ballo(2006). Dal 2017 fa parte del gruppo Area Open Project, che prosegue l’esperienza degli AREA. Si è occasionalmente esibita con: Sunrise Jazz Orch., Duke Of Abruzzi Orch., John Betsch, M. Tamburini, S. Bollani, Rasul Siddik. A. Tavolazzi, Philippe Catherine, Mattihas Schubert, André Minvielle.

Nicola Vernuccio Attivissimo contrabbassista jazz e didatta da oltre 30 anni, ha partecipato alla registrazione di moltissimi dischi; la sua forte personalità ed il suo spirito avanguardistico spingono la sua carriera in molte direzioni: dalla nascita del C.A.M. di Firenze, alle tournées europee, toccando il balletto, la musica classica, il teatro, la musica contemporanea, improvvisata, etnica e popolare. Ha fondato il Jazzartrio con Mattihas Schubert e Stefano Bambini (‘From Time To Time’ Splasch’ records), negli anni 70 e 80 ha suonato in tantissimi gruppi d’avanguardia e di rottura oltre che con l’orchestra del C.A.M. diretta da Bruno Tommaso, gruppi di musica popolare, classica e kletzmer; si ricordano i gruppi Vernuccio-Cordovani Sextet, con Fabio Morgera, Cartacanta, Dadaida, Hot Eight, Art of Alley, Lares, Massimo Ciolli quart., Mirko Guerrini quint., Strani Itineranti, Claudia Tellini Quintet, Maurizio Geri Swingtet, Luca di Volo, e più recentemente Jacopo Martini, Jazzcoop ( la musica di Charlie Haden). Ha diretto per alcuni anni la Sunrise Jazz Orchestra di Campi Bisenzio. Ha accompagnato musicisti fra i più grandi nomi del jazz americano ed europeo (M.Schubert, Chet Baker, L. Konitz, Jeanne Lee, Tristan Honsinger, J.Betsch, L. Flores, M. Urbani, F. Sisti, F. Morgera, R. Migliardi, M. Tamburini, M. Grossi, S. Bollani, F. Puglisi, M. Avanzini e molti altri).

Museo Archeologico di Montelupo Via S. Lucia,33 Montelupo F.no

Dalle ore 19 Visita guidata Gratuita al Museo per info e prenotazioni tel. 3703305047 email:info@musarcmontelupo.it

Intervista a Claudia Tallini a cura di Cristina Trinci
Abbiamo fatto alcune domande alla cantante Claudia Tellini, splendida voce nera, capace da sola di riempire ogni spazio vuoto, interprete che riesce a fare musica laddove c’è il silenzio, e ancora: capace di credere fortemente in ciò che canta, restituendo passione e intensità ad ogni ascoltatore. Ecco le risposte che ci ha dato.
Claudia, intanto raccontaci come è nata la passione per il canto, in quale momento della tua vita hai incontrato la musica.

I miei genitori avevano entrambi delle belle voci e anche le mie sorelle. Sono cresciuta a Chiusi della Verna, dove l’allora parroco P. Alfonso Bucarelli, frate francescano, aveva avuto l’idea felicissima di istituire una specie di Zecchino d’Oro nostrano, si chiamava il Quadrante d’Oro, in cui si cantavano quelle canzoni, con tanto di coro composto dai bambini di Chiusi, solisti in gara e premi ai primi tre classificati, con una giuria composta di graditi ospiti in villeggiatura estiva. Accadeva ogni anno in agosto e per noi era un evento atteso e partecipato. Dunque “da solista”, ho iniziato col palco a cinque anni, fino all’età delle medie, con anche qualche soddisfazione. Avevo capito che sapevo un po’ cantare, ma non mi accontentavo, quindi ho sempre continuato sperimentando generi diversi e bevendo come una spugna ogni tipo di ascolto. Allora non capivo se l’avrei fatto per sempre, diciamo che prendevo le cose come venivano, anche pigramente.

Un po’ per carattere lento all’impegno, in quel periodo, molto nel mondo dei sogni (e con mille di essi in testa in direzioni opposte e contrarie), avevo imparato qualche accordo con la chitarra e cantavo in chiesa la domenica, con le mie amiche compaesane (e come piacevamo ai partecipanti!). Erano i periodi in cui studiavo ad Arezzo tecnica aziendale e lingue estere… ho anche scritto qualche canzoncina bruttina e banale, senza troppa convinzione, ho poi disimparato anche la chitarra. Ma mi riciclavo. Ma, col passare del tempo mi riproponevo in vari modi: facevo la corista in formazioni locali, cantavo piano bar sulle basi, con il mio ex professore di musica alle scuole medie Andrea Angioloni (già maestro che accompagnava al piano i bambini nel Quadrante d’Oro), qualche partecipazione con l’Orchestra del Casentino e con la band di Alessandro Ristori detto Pila ero corista e solista… ho cantato in una tournée estiva con Pupo, rendendomi conto degli orari e delle modalità in cui si esplica un certo professionismo nella musica e forse anche capendo che avevo bisogno di ordine, in quel momento, più che di dispersione. Ero ancora giovane e non sapevo bene cosa volevo fare da grande. (Non che dopo lo abbia capito meglio!)

Come hai coltivato nel tempo questa passione?
A Firenze, quando studiavo legge (studio che ho presto abbandonato) sono entrata nel coro gospel dei Jubilee Shouters di Gianna Grazzini ed ho avuto un bel periodo di amici, di esperienze musicali bellissime e di arricchimento in tutte le direzioni. E’ stato il momento dell’eccitazione, perché ho conosciuto tanta musica, ascoltando dischi (la mia amica Letizia Renzini, artista multidisciplinare, allora mi nutriva di ascolti preziosi) andando a vedere concerti, ero curiosa di tutto, sebbene ancora insicura e vaga sulle mie preferenze. E’ stato importante da quel momento in poi iniziare a cantare con i musicisti. Il jazz offre molta libertà, che bisogna però prendersi e finché non si è un po’ sicuri dei propri mezzi… ogni esperienza artistica è un laboratorio piacevole, ma in cui ci si può riconoscere impreparati o non efficaci… ci si deve pur misurare con la qualità (almeno con quella che sappiamo riconoscere). Cantare con le orchestre è stato divertentissimo: Alessandro Fabbri mi invitò con la Duke of Abruzzi big band, poi la Sunrise Jazz Orchestra diretta da Nicola Vernuccio, con il quale, qualche anno dopo, partecipai anche a molte serate della Montecatini City Band diretta da Franco Campioni. Nei club invece ho lavorato con tanti amici e colleghi musicisti (C. Marchese, F. Santarnecchi, L. Pieri, N.Gori, M. Avanzini, R. Onori, ed altri) ed ho avuto il piacere e l’onore di frequentare qualche anno la cantina di Piero Giusti, storico Jazz club privato di Firenze, zeppo di storie e di personaggi. Ricordo con calore le tante serate al Jazz Club di Firenze o al Caffè La Torre di Davide Rizzo. Dopo il notevole lavoro “Porgy & Bess” di Gershwin, arrangiato da Mauro Grossi per i Jubilee Shouters (la coppia protagonista della storia era formata in quell’occasione da Gianluca Gori – oggi è noto il suo alter ego Drusilla Foer – ed io) ho continuato a lavorare con Mauro Grossi, che mi ha sempre dato fiducia e insegnato molte cose e spinto i miei limiti più avanti, nella tecnica e nel cercare di non fermarsi mai a quel che si sa fare.
Oggi forse non me la caverei altrettanto bene con certi repertori affrontati con lui! Con Nicola Vernuccio ho invece incontrato e apprezzato i musicisti creativi e aperti, i performers e le contaminazioni fra le discipline e le arti. Coi suoi amici e colleghi ho conosciuto e apprezzato l’improvvisazione radicale, con anche qualche mia sporadica esperienza felice (l’inizio di “Impro Zero”). Aggiungo che mi ha fatto ascoltare (profeticamente!) tutto il repertorio degli Area.

Quali persone e quali incontri e occasioni sono stati per te fondamentali per la tua formazione da musicista?
Io non mi sento musicista, forse lo sono in senso lato; propriamente, sono una cantante autodidatta che non legge gli spartiti. Stevie Wonder, è stato un incontro solo virtuale ma fondamentale, non solo per la sua voce, ma per il suo meraviglioso mondo. Prova ne è il lavoro tributo al suo repertorio “sociale” col gruppo Stevland, con Riccardo Galardini, Emanuele Parrini, Nicola Vernuccio e Walter Paoli. Un lavoro secondo me ben fatto, che ha riportato ovunque successo di pubblico.
André Minvielle, vocalchimiste, percussionista, maestro, poeta, visionario e aperto alla musica del mondo è stato folgorante, per il suo mondo di storie dai contenuti sociali e multiculturali e per la sua voce europea, vigorosa, virtuosa e naturale. E ho cominciato coi musettes e il vocalese applicato a quei valzer spericolati. L’ho potuto incontrare un paio di volte e ci siamo scritti. Gli è anche piaciuto davvero il ns. tentativo di creare una valse musette all’italiana (contenuto nel cd del Maurizio Geri Singtet- Swing a Sud, il brano si chiama Dolce Chimera).
Poi, virtualmente incontrati a beneficio della mia formazione (escludendo di nominare le mille icone del jazz storico americano)… la Piaf, e la sua storia. Milly, e le sue canzoni sull’amore e sulla libertà. I cantanti sudamericani banditi dai propri paesi per le loro canzoni. Le esperienze dure, dolorose e per questo potenti, dentro le canzoni. La frase tagliente… dal tempo teatrale. L’espressività, a prescindere dal modo, che è sempre personale, è qualcosa che mi attrae sempre. Poi ci sono i testi scritti bene, che aiutano molto.

Come riesci a coniugare la tua vita artistica con quella lavorativa di ogni giorno? Ci sono rinunce che hai dovuto fare e che ti sono costate molto?
Il lavoro impiegatizio che svolgo da oltre venti anni (fortunatamente, il mio datore di lavoro non ha mai ostacolato, anzi ha incoraggiato la mia attività canora) mi ha consentito quell’indipendenza che molti artisti non hanno, e per la quale spesso devono ripiegare (o no, dipende) sull’insegnamento, oppure prestarsi a servizi noiosi o male organizzati pur di sostenere le proprie necessità (siamo ancora un pessimo paese per l’investimento in cultura) tanto più che oggi a molti è richiesto di sobbarcarsi adempimenti di legge, agibilità etc.… insomma, devono imparare a fare anche altro (che invece compete agli organizzatori degli eventi), cosa che non mi sembra né giusta né utile alla buona musica. Ognuno dovrebbe fare (bene) il suo mestiere. Il prezzo per me è forse quello di sopportare una specie di frustrazione per il poco tempo e per quell’ assenza di comodità per dedicarmi ai progetti musicali e lo sono i “treni persi” per conseguenza delle scelte che ho fatto. Suppongo che tutto ciò si sia tradotto anche in una mia mancata crescita artistica ulteriore.
Maurizio Geri mi chiamò per il tributo a Caterina Bueno… io ero affaticata e rinunciai, ma me ne sono pentita, perché la ricerca fatta dalla Bueno è una missione a mio modo di vedere appassionante: ricercare la propria memoria (popolare, storica, sociale) e riproporla al pubblico, per non dimenticarla troppo presto.

Cos’è oggi per te il palco?
Il palco è quello che è sempre stato, un piano, uno spazio vuoto dove può succedere qualsiasi magia… e ogni concerto è un momento irripetibile. Attualmente i miei concerti sono con Area Open Project, che promana dell’esperienza degli Area, con Patrizio Fariselli, Marco Micheli e Walter Paoli (e ne sono onorata, ovviamente); con Nicola Vernuccio nel duo Stazioni Sonore, e con Maurizio Geri, con il quale collaboro sempre volentieri (sempre ammirando l’italiano delle sue belle canzoni…) e compagno di squadra in quel che si può definire un nucleo progettuale su Piaf scritto dal nostro amico e collega Tommaso Geri, che ci piacerebbe sviluppare.

Quali sono i brani che ti emozionano di più quando li canti?
Per dirla con mia mamma “quelli che arrivano prima alle ossa che alla pelle”. Fortunatamente ne ho cantati tanti con le varie formazioni… e molti stanno nei miei repertori.

Dove ti piacerebbe cantare, se ci fosse la possibilità?
Mi piacerebbe fare un viaggio nel tempo e cantare in uno di quei club storici in cui i concerti si facevano ogni sera per 15/20 giorni…son sicura che quello fosse il miglior modo per far crescere i progetti e la professionalità dei musicisti…semplicemente lavorare tanto, con i tempi, gli spazi e i modi necessari.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Continuare ad essere impegnata con progetti interessanti e a lavorare con persone che stimo. Mi piacerebbe muovermi un po’ di più anche all’estero. E’ impressionante come i musicisti spesso facciano più fortuna all’estero che nel proprio paese. Nel cassetto avrei anche il desiderio di scrivere io uno spettacolo, delle canzoni che interpretino il nostro complicato presente…vedremo!

Fonte: Ufficio Stampa

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