Cultura Arezzo

da sabato 10 Marzo 2018 a domenica 8 Aprile 2018

Mostra “micro\macro metamorfosi” di Rosa Spina presso l’Atrio d’onore palazzo della Provincia

Mostra “micro\macro metamorfosi” di Rosa Spina

A cura dell’Associazione Ailanthus, col patrocinio della Provincia di Arezzo, ad ingresso gratuito, un’originale mostra della principale esponente italiana della Fiber Art, nell’Atrio d’onore del palazzo della Provincia, dal 10 marzo, all’8 aprile. Accanto alla sua più recente produzione, le opere ispirate all’architettura aretina e alla tradizione dei filati e dell’oro, con gli “omaggi” a Piero della Francesca, Guido d’Arezzo e Giostra del Saracino.

Vittorio Sgarbi: “Fare arte col filo vuol dire, innanzitutto, meditare sul senso più intrinseco delle cose. Ogni opera di Rosa Spina ha la particolarità tutta speciale di essere, nello stesso tempo, un linguaggio, il proprio artistico, e ‘il’ linguaggio, funzionando come una presa di coscienza per via metaforica e sperimentando di volta in volta nuovi indirizzi, nuovi percorsi da battere”.

Rosa Spina, la più acclamata esponente della fiber art italiana, dopo il recente successo di Palazzolo sull’Oglio e prima della nuova imminente tappa al Castello di Cavernago, arriva ad Arezzo con le sue ultime pregevoli opere poste accanto a quelle ispirate dallo splendido contesto architettonico medioevale aretino, dalla lunga tradizione dei filati e dall’altrettanto antica oreficeria, con, ancora, i convinti “omaggi” alla pittura di Piero della Francesca (in particolare alla sua invenzione della prospettiva) alla notazione musicale di Guido d’Arezzo e alla Giostra del Saracino.

Un’intrigante mostra (ad ingresso libero) dal titolo “Micro\macro metamorfosi” che non mancherà di sorprendere e che sarà possibile ammirare dal 10 marzo all’8 aprile nell’atrio d’onore della Provincia di Arezzo, che ha concesso il patrocinio, e con la curatela di Antonio Falbo, Salvatore Falbo, Roberto Messina, Antonella di Tommaso. L’inaugurazione è prevista per sabato 10 aprile, alle ore 17.00.

Le opere della Spina, di forte suggestività, sono assai apprezzate dal mercato dell’arte contemporanea che vi trova quel che cerca: ossia, il rigoroso e costante rifiuto dell’omologazione, e al tempo stesso la volontaria disposizione a sperimentare, creare originalità, superare il déjà-vù. Peculiarità dell’arista è, infatti, un riuscito processo tecnico e poetico di scarnificazione, di de-monumentalizzazione, di svincolo dell’opera pittorica\scultorea da ogni ingombranza statuaria e da qualsivoglia finalità illustrativa, iconografica, celebrativa od encomiastica.

Vittorio Sgarbi ne scrive così sul corposo catalogo per Editoriale Giorgio Mondadori, a lei dedicato: “avvicinerei l’arte di Rosa Spina allo spirito di certo Antiform americano degli scorsi Sessanta, in quanto ricerca di forme alternative (…). Fare arte col filo vuol dire, innanzitutto, meditare sul senso più intrinseco delle cose. (…) Ogni sua opera ha la particolarità tutta speciale di essere, nello stesso tempo, un linguaggio, il proprio artistico, e “il” linguaggio, funzionando come una presa di coscienza per via metaforica. (…) Strette, avvincenti questioni di forma, si propongono di continuo delle mete variate (…) sperimentando di volta in volta nuovi indirizzi, nuovi percorsi da battere”.

Sempre nel catalogo, spiega invece il giornalista Roberto Messina: “Accurata nei dettagli. Dal segno sapiente. Anticonformista e spregiudicata quanto basta per affrontare a viso aperto l’inaudito, l’astratto, il grottesco e il lezioso, Rosa Spina è una costruttivista, espressionista, astrattista moderna e globale, che porta in dono un nucleo di opere capaci di generare pathos tramite pochi, scarni elementi ottenuti da nette campiture di fili colorati che delineano immagini al limite tra idea di paesaggio e astrazione. Con risultati, però, chiari e netti, di rara preziosità ed eleganza. Siamo nell’ambito del concettuale, con i materiali deviati dal loro uso comune verso davvero inusuali e ardite ‘prospective pingendi’ che assumono significati inediti, anche polemici e a volte pure inquietanti, stando dentro e fuori gli spazi dell’arte e mettendo sotto i riflettori il rimosso della società tra minimalismo e performance, tradizione e contemporaneità. Un’arte assai particolare, dove si dipinge scolpendo e si scolpisce dipingendo, ma con una poliedrica, coerente e costante produzione in fluido equilibrio”.

I convinti elogi alla Spina (tra gli artisti di punta assieme a Angelo Brescianini e M’horò, della “factory” Minotauro Fine Art Gallery di Palazzolo sull’Oglio diretta da Diego Giudici) si sommano agli altri contributi scritti da Antonio Falbo, Salvatore Falbo, Maria Elena Loda, Giovanna Vecchio e Leo Strozzieri, tutti concordi sull’ultima e ben compiuta “micro-macro-metamorfosi” (definizione di Antonio Falbo) di quest’artista dal solido curriculum (mostre personali e collettive a Milano, Roma, Verona, Venezia, Napoli, Torino, Firenze, Dubai, Monaco, Parigi, Barcellona, New York, Washington, Istanbul, Stoccarda, Stoccolma, Hong Kong) con la decisiva, recente rivoluzione stilistica, indicativa della sua “umiltà”, ma soprattutto della notevole versatilità e dell’entusiasmo con cui rimette ogni volta alla prova la propria specificità artistica, ridefinendola, ridisegnandola, riattualizzandola di continuo.

La misteriosa Calabria, è la terra elettiva di Rosa Spina (siciliana di origini), la regione che ha sentito il passo pensieroso di Pitagora, Campanella, Gioacchino da Fiore e Telesio, che ha visto materializzarsi i deliri visionari e le forme decise e fantasiose di un Mattia Preti e di altri potenti come Alfano, Jerace, Rito, Boccioni, tutti alla ricerca del loro “materiale”. Un luogo dove per secoli la tessitura di lino, cotone, lana e soprattutto seta, è stata un must artigianale, artistico ed economico.

“Ecco allora trovato l’humus di questa artista – afferma Antonella di Tommaso – fortemente volitiva e appassionata, che da tempo, con immane pazienza e tenacia, oltre che indiscutibile abilità, prova a ‘ricucire’ e vivificare il suo forte background con questi quadri che si potrebbero dire propriamente, e appunto, ‘cuciti’ e ‘tessuti’…”.

Dare continuità alle proprie figure col moto et il fiato chiesti da Leonardo, sembra questa, un’altra sua peculiarità, che tramite il segno sapiente dissolve armonia, regolarità e unità spaziale troppo semplici dell’arte classica, e innesta sequenze prospettiche esclusive, caratteri espressivi e concettuali “visionari” magnificamente soggettivi.

Fonte: Ufficio Stampa

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