Teatro Pontedera

venerdì 23 Marzo 2018

Il piacere dell’onestà al Teatro Era

il piacere onesta

Venerdì 23 marzo, ore 21.00, al Teatro Era di Pontedera (PI) in scena “Il piacere dell’onestà

IL PIACERE DELL’ONESTÀ
Geppy Gleijeses
Vanessa Gravina
Di Luigi Pirandello
Con Leandro Amato, Maximilian Nisi, Brunella De Feudis
Scene Leila Fteita
Costumi Lina Nerli Taviani
Musiche Teho Teardo
Luci Luigi Ascione
Assistente alla regia Marina Bianchi
Regia Liliana Cavani
Foto di scena Tommaso Le Pera
Produzione Gitiesse Artisti riuniti
In coproduzione con Fondazione Teatro della Toscana

La differenza tra l’essere e l’apparire, tra la ‘maschera’ e chi siamo veramente. Dopo la felice esperienza di Filumena Marturano, Liliana Cavani torna a dirigere Geppy Gleijeses ne Il piacere dell’onestà di Luigi Pirandello. Con Vanessa Gravina.
La società tiene a distanza gli onesti, ne ha paura: sono diversi e in quanto tali pericolosi, evidenziano le colpe e le mancanze delle cosiddette persone rispettabili, le cui maschere di onorabilità sono guardate con ammirazione e invidia.

La parola ‘onestà’, di grande effetto al tempo di Pirandello, è diventata parola di lacerante significato in questa nostra travagliata epoca, svuotata ormai di ogni senso dallo sfrenato desiderio di apparire che domina sull’essere. In tale contesto, ‘il piacere dell’onestà’ è riservato ormai solo ai cittadini ‘normali’ che pagano le tasse, che rispettano le regole, ma che non ottengono fama e gloria, vengono anzi derisi e snobbati perché portatori di una sana onestà intellettuale, mentre tutt’intorno il mondo della mutevole e vacua apparenza dei notabili della politica sprofonda sempre più nella feccia dell’ipocrisia.
Una produzione Gitiesse Artisti Riuniti, Fondazione Teatro della Toscana.

Trama

Ispirata alla novella Tirocinio del 1905 e rappresentata per la prima volta il 27 novembre 1917 a Torino dalla Compagnia di Ruggero Ruggeri, Il piacere dell’onestà mette in scena le tematiche care a Pirandelliana: la differenza fra l’essere e l’apparire, fra la maschera sociale in contrapposizione a chi si è veramente, il bisogno di aver stima di noi stessi, l’animo bestiale che si fonde con il sentimento in situazioni proibitive. Geppy Gleijeses, grande interprete pirandelliano (Liolà diretto da Luigi Squarzina, Il giuoco delle parti diretto da Egisto Marcucci, L’uomo la bestia e la virtù diretto da Giuseppe Di Pasquale) affronta il ruolo di Baldovino reduce dal successo di Filumena Marturano. Al suo fianco Vanessa Gravina, un’eccellenza femminile del teatro Italiano. Liliana Cavani dirige l’opera filtrandola attraverso il suo realismo magico.

Come già in Pensaci, Giacomino! e in Ma non è una cosa seria Pirandello usa l’espediente del falso matrimonio su cui si confrontano personaggi costretti a togliersi la maschera dietro la quale hanno ingannato se stessi e gli altri. Si rivela così il vero volto della varia umanità dei protagonisti. Chi finora era apparso al sommario giudizio degli altri un disonesto a cui affidare un’azione infame si rivela invece una persona rispettabile e chi agli occhi dei buoni borghesi godeva di alta considerazione, un marchese di alto lignaggio, si manifesta per quello che è: un uomo infido e mediocre nelle azioni e nei sentimenti.

Angelo Baldovino, uomo di poco conto, dalla moralità accomodante, un fallito, accetta per denaro di sposare Agata, l’amante incinta del marchese Fabio Colli che non può sposarla perché già ammogliato. Naturalmente si tratterà di un matrimonio di facciata: ognuno continuerà tranquillamente a farsi i fatti propri.

Ma le cose non vanno come previsto. Angelo, che per la prima volta si sente investito da una grave responsabilità, prende tutto molto sul serio. Aiuterà la ragazza attraverso un matrimonio formale, darà il suo nome al nascituro e sarà utile anche allo stesso marchese Fabio, vittima di una moglie che lo tradisce. Angelo si sente investito di una missione che lo riabiliterà di fronte agli altri e ai suoi stessi occhi: “Ecco qua: uno ha preso alla vita quel che non doveva e ora pago io per lui, perché se io non pagassi, qua un’onestà fallirebbe, qua l’onore di una famiglia farebbe bancarotta: signor marchese, è per me una bella soddisfazione: una rivincita!”

Egli si batterà per l’onestà e per riscattare la sua vita con un ideale da seguire che, dice, gli procura “il piacere dei Santi negli affreschi delle chiese”. Ma così manderà all’aria i progetti di Fabio che ormai non troverà più accoglienza da parte di Agata che ora pensa soltanto ad essere una buona madre per il figlio ormai nato. Il marchese disperato vuole sbarazzarsi del ‘traditore’ e organizza una società nella quale fa entrare Angelo, sperando che questi si comporti disonestamente, venga cacciato e perda la sua fama di uomo onesto. Angelo invece non solo dà prova di rettitudine ma smaschera di fronte ad Agata la trappola che il marchese gli ha teso e nonostante tutto per il bene del bambino si dice disposto a farsi accusare di furto purché a rubare realmente sia Fabio. Sarà la stessa Agata a pregare Angelo di restare accanto a lei ormai conquistata dalla sua onestà.

La sottesa critica alla borghesia benpensante valse alla commedia il giudizio positivo di Antonio Gramsci che avendo assistito alla prima scriveva: “C’è nelle sua commedie uno sforzo di pensiero astratto che tende a concretarsi sempre in rappresentazione, e quando riesce, dà frutti insoliti nel teatro italiano di una plasticità e d’una evidenza fantastica mirabile. Così avviene nei tre atti del Piacere dell’onestà”.

Per informazioni:

 

Teatro Era
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Fonte: Ufficio Stampa

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