Cultura Firenze

da martedì 13 Novembre 2018 a domenica 10 Marzo 2019

Fragili tesori dei Principi. Le vie della porcellana tra Vienna e Firenze la mostra a Palazzo Pitti

Quando il Conte Carlo Ginori nel 1737 chiamò al suo servizio Carlo Wendelin Anreiter de Ziernfeld, pittore austriaco specializzato in porcellana, non badò certo a spese. Nei documenti è scritto che “… si obbliga questo a condurlo con la sua Moglie, e Creature a sue spese in Toscana ed ivi pagargli fiorini seicento all’anno, con più dargli con la sua famiglia quartiere, e solo ad esso Ziernfeld la tavola con vino, e di così continuare a tenerlo con tale assegnamento anni sei”.

Insomma, quello stipendio favoloso, cui si aggiungevano vitto (con vino) e alloggio per lui, la moglie e i 10 figli, più gli altri 3 che nacquero durante la sua permanenza in Italia, servivano ad assicurarsi il più valente artista del genere sulla piazza europea: è evidente la volontà di Carlo Ginori di puntare senza indugio, per la manifattura di Sesto Fiorentino, a una qualità altissima, garantendosi inoltre relazioni strettissime con l’opificio viennese fondato nel 1718 da Claudius Innocentius Du Paquier. L’effetto fu che entrambe le produzioni ebbero un ruolo decisivo nella trasmissione di motivi decorativi, forme e tecniche artistiche che di fatto influirono nella definizione del gusto dell’epoca.

Di tutto questo, e di molto altro racconta la mostra Fragili tesori dei Principi. Le vie della porcellana tra Vienna e Firenze, curata da Rita Balleri, Andreina d’Agliano, Claudia Lehner-Jobst e realizzata in collaborazione con la collezione del Principe di Liechtenstein (Vaduz–Vienna).
Le opere esposte – porcellane, ma anche dipinti, sculture, commessi in pietra dura, cere, avori, cristalli, arazzi, arredi e incisioni – offrono un fertile dialogo tra le arti, per celebrare la magnificenza della porcellana durante il Granducato di Toscana sotto la dinastia lorenese. Ai prestiti hanno contribuito istituzioni nazionali e internazionali e i più importanti musei europei e statunitensi, oltre a diverse collezioni private.

L’energia imprenditoriale del Marchese Ginori, senatore fiorentino, spaziava su ampi orizzonti, e le porcellane prodotte riflettevano un gusto internazionale, che poteva sì tener conto della tradizione fiorentina, ma anche degli influssi del lontano Oriente e in particolare cinesi, e che cercava di soddisfare committenti esigenti in Italia e all’estero. Per prosperare, la manifattura doveva aprirsi anche alle novità provenienti da fuori, e l’atmosfera e la produzione artistica – a Doccia, ma in generale nella Firenze dei Lorena erano dunque improntate a un criterio di eccellenza cosmopolita. La porcellana non fa eccezione, e diventa non solo lo specchio di quanto veniva sperimentato nelle altre forme d’arte, ma riflette altresì tutta una serie di abitudini e mode sociali, in un’epoca di grandi cambiamenti, anche alimentari. Nel 1663 i Medici si procacciarono per primi, importandola dalla Spagna, la cioccolata, e fu subito amore. Come sottolinea in catalogo il Direttore delle Gallerie degli Uffizi, Eike Schmidt, la cioccolata e il caffè “resero necessaria la creazione di nuovi oggetti e di vasellame, che possiamo immaginarci tintinnare e splendere nel Kaffeehaus fatto erigere apposta a Boboli su progetto di Zanobi del Rosso, terminato nel 1785 circa (e che riaprirà a breve, dopo una campagna di restauri). Un altro gioiello architettonico voluto da Pietro Leopoldo, rotondo e bombato, ispirato al barocchetto viennese: è una costruzione di mattoni e calce, ma da lontano sembra una fantasia in porcellana di Doccia, quasi una chicchera gigante, con una cupoletta per coperchio”.

“La collaborazione europea e un pensiero che travalica i confini nazionali – dichiara Johann Kräftner, direttore del LIECHTENSTEIN. The Princely Collections, Vaduz–Vienna – si manifestano nelle vicende delle due Manifatture, appartenenti a una storia comune di governo e collezionismo confluite in questa stessa rassegna espositiva che si deve all’attuale cooperazione tra le due istituzioni e i loro collaboratori e collaboratrici. Una mostra che ripercorre questa lunga storia non a Vienna, dove venne già esaminata nella esposizione Barocker Luxus Porzellan del 2005, bensì a Firenze, dove le idee hanno trovato un comune terreno fertile”.

 

La porcellana tra Firenze e Vienna nel Settecento: un linguaggio europeo
Eike D. Schmidt
Direttore delle Gallerie degli Uffizi

Palazzo Pitti ospita ora, a distanza di poco più di un anno, una seconda mostra dedicata alla porcellana: e mentre la prima, Omaggio al Granduca (giugno-settembre 2017), era incentrata sulla produzione di Doccia in particolare nell’Ottocento, secolo cui gli studi specifici avevano finora dedicato meno attenzione, in questa seconda occasione l’argomento è la nascita e lo sviluppo nel Settecento, grazie al marchese Carlo Ginori, di quella splendida manifattura toscana, le relazioni strettissime che essa ebbe con quella viennese fondata nel 1718 da Claudius Innocentius Du Paquier, e l’importanza che le rispettive produzioni ebbero nella trasmissione di motivi, forme, tecniche artistiche: in breve, nella formazione del gusto dell’epoca. A sfogliare le pagine di questo catalogo, ci si rende conto che nella Toscana dei Granduchi Lorenesi l’atmosfera artistica e culturale non conosceva confini, parlava molte lingue, e vi si respirava un’aria davvero cosmopolita, solo a considerare alcuni nomi in posizioni chiave. La Galleria dei Lavori ad esempio, dedicata al commesso in pietre tenere e dure – unica superstite delle antiche, gloriose Botteghe Granducali – era diretta da un francese, Louis Siries, chiamato da Francesco Stefano di Lorena nel 1748, ma già attivo a Firenze dal 1722, e poteva accadere che sui mobili a intarsio i motivi a grottesca si ispirassero alle incisioni che mezzo secolo prima Paul Deker aveva eseguito per la corte di Berlino, e che poi venivano utilizzate anche a Vienna nella fabbrica di porcellana fondata nel 1718 da Du Paquier.

A Firenze, nella Manifattura di Doccia impegnata anche nella realizzazione del commesso in pietre dure, altrimenti detto ‘fiorentino’, si assimilavano i caratteri stilistici della porcellana viennese con l’adozione del fondo bianco, in voga alla corte austriaca sull’esempio di Meissen. Dal 1743 un viennese, Carl Wendelin Anreiter von Ziernfeld, era stato messo a capo dei pittori di Doccia, e se da un lato la tradizione medicea veniva evocata con nostalgia reverente, dall’altro si ripercorrevano forme e motivi che guardavano anche all’Oriente e alla Cina tout court (lo si comprende bene ad esempio nel caso di oggetti in porcellana bianca decorati con fiori a rilievo, derivati da quelli cosiddetti ‘Blanc de Chine’ importati in Europa già dalla fine del Seicento e oltre dalle fabbriche cinesi del Fu-kien) o alla Cina vista anche attraverso il filtro della Manifattura di Du Paquier (si veda ad esempio il delizioso rinfrescatoio con coperchio, qui in mostra, il cui decoro rugiadoso, con preminenza di verdi, che si rifà alla famiglia verde del periodo Kangxi, evoca in modo sublime la funzione a cui l’oggetto era destinato). Ma lo sguardo anche imprenditoriale del marchese Ginori andava lontano, se nella sua manifattura veniva progettato il vasellame per il Bey di Tripoli e si inviavano rappresentanti ad Algeri. Questo patrizio illuminato, che arrivò a far coltivare specie rare nel giardino davanti alla sua fabbrica, chiamando come capo giardiniere nel 1737 un altro viennese, Ulderico Prucker (o Pruker), era un senatore fiorentino che politicamente fiancheggiava le file antilorenesi, ma aveva capito che per far fiorire le attività nel suo paese doveva aprirsi anche alle novità provenienti da fuori. Il Marchese muore nel 1757, ma il suo spirito aleggia ancora sull’operato di Pietro Leopoldo, il sovrano illuminista giunto a Firenze nel 1765.

È soprattutto a quest’ultimo, che si deve la ferma volontà di far rivivere l’artigianato toscano e dare nuovo impulso alla produzione di porcellana, importando motivi e oggetti da Vienna, favorendo una diffusione della produzione locale grazie a scambi e commerci. In quel Granducato di Toscana che, primo al mondo, abolisce tortura e pena di morte nell’amministrazione della giustizia criminale (Codice Leopoldino), che istituisce la Camera di Commercio, che avvia piani di bonifica nelle campagne e che adotta in città l’illuminazione a olio come nella grandi capitali europee, la Manifattura delle porcellane di Doccia occupa un ruolo centrale anche nella rispondenza della produzione alle scoperte e alle innovazioni del tempo, introdotte nel quotidiano dalla corte di un sovrano liberale e di ampie vedute. L’arrivo e la diffusione della cioccolata e del caffè nelle abitudini alimentari del tempo, tra l’altro, resero necessaria la creazione di nuovi oggetti e di vasellame, che possiamo immaginarci tintinnare e splendere nel Kaffeehaus fatto erigere apposta a Boboli su progetto di Zanobi del Rosso, terminato nel 1785 circa (e che riaprirà a breve, dopo una campagna di restauri). Un altro gioiello architettonico voluto da Pietro Leopoldo, rotondo e bombato, ispirato al barocchetto viennese: è una costruzione di mattoni e calce, ma da lontano sembra una fantasia in porcellana di Doccia, quasi una chicchera gigante, con una cupoletta per coperchio.

Presentazione
Johann Kräftner
Direttore
LIECHTENSTEIN. The Princely Collections, Vaduz–Vienna

In molte epoche della storia dell’arte i rapporti artistici tra Firenze e Vienna sono stati più che fruttuosi in particolare per quel che riguarda la dinastia dei principi del Liechtenstein. In primo luogo va qui menzionata l’arte della glittica, per la quale fu di fondamentale importanza lo scambio tra le manifatture di Firenze e quelle presso la corte dell’imperatore Rodolfo II a Praga. Uno scambio nel quale, non da ultimo, era coinvolta in maniera decisiva anche la casata Liechtenstein con il “Palatino del Castello”, il principe Carlo I (1569-1627), una figura chiave, che a Praga è stata responsabile anche delle collezioni e degli artisti. Dopo la morte dell’imperatore Rodolfo nel 1612 si era attenuato l’interesse collezionistico presso la corte e Carlo I poté servirsi di questo intenso contatto con gli artisti per le sue esigenze personali. Tra i risultati si annoverano i due primi esemplari importanti delle collezioni principesche in pietra dura, un piano da tavolo e un cassone sontuoso, eseguiti in ricordo della battaglia sulla Montagna Bianca, intorno al 1620 nelle botteghe praghesi dai maestri fiorentini qui ancora attivi: Cosimo di Giovanni Castrucci e Giuliano di Pietro Pandolfini.

Ad ampliare la collezione precedente fu un piano da tavolo di Giuliano di Pietro Pandolfini da Firenze che in seguito il figlio di Carlo I del Liechtenstein, il principe Carlo Eusebio I (1611-1684), poté acquistare nel 1637 nella città sull’Arno durante il suo Grand Tour e che rappresenta quanto di più bello sia stato realizzato dal barocco fiorentino. Nel 1726, con l’acquisto del monumentale mobile settecentesco, il Badminton Cabinet, da parte del duca di Beaufort, Henry Somerset, che lo aveva commissionato alle officine granducali, si poté coronare un’intensa rete di rapporti in questo ambito nel 2004, acquistandolo per le collezioni principesche.

In tutto ciò riveste un ruolo altrettanto importante anche il successivo terzo principe della casata, Giovanni Adamo Andrea (1662-1712). Di lui non sappiamo se avesse visitato anche Bologna e Firenze durante il suo viaggio in Italia, al quale lo aveva costretto il padre, in primo luogo allo scopo di recuperare nelle cerchie alchimistiche di Venezia il segreto per produrre l’oro. Molto parla a favore del fatto che egli avesse visto ambedue le città, ammirando i capolavori del cui acquisto si sentiva quasi obbligato. Un centinaio di lettere scambiate con Marcantonio Franceschini da Bologna per convincerlo ad andare a Vienna non sortirono l’esito sperato. A Firenze il Principe mise insieme una collezione ineguagliabile di bronzi, soprattutto di Massimiliano Soldani Benzi. Per buona parte si tratta di copie dall’Antico provenienti dalle collezioni Medici, di cui – fedele alle istruzioni del padre – fece realizzare i calchi e le copie fuse di bronzi con l’autorizzazione dei granduchi di Toscana. Forse non è neanche un caso che tra questi bronzi si trovino due copie delle principali statue della Tribuna – l’antica Venere Medici e il Fauno – e che, grazie alla copia del dipinto di Raffaello San Giovanni nel deserto, anche quest’opera esemplare sia giunta – per lo meno come riproduzione – nelle collezioni principesche.

In realtà il suo successore, il principe Antonio Floriano (1656-1721), dal 1719 anche primo reggente del principato del Liechtenstein, appena entrato a far parte del Sacro Romano Impero, fu anch’egli un grande mecenate delle arti. Durante la sua reggenza, nel 1718 viene fondata a Vienna la Manifattura di porcellane di Claudius Innocentius Du Paquier, la cui residenza a Rossau, un sobborgo di Vienna, era vicina al Gartenpalais del principe di Liechtenstein. La Manifattura viennese, seconda in Europa dopo Meissen, iniziò 300 anni fa la sua produzione e la celebrazione di questo anniversario ha dato spunto per realizzare questa mostra. Fra le molte porcellane del Du Paquier acquistate da Antonio Floriano del Liechtenstein e i suoi successori, si trovano pezzi del grande servizio principesco con scene di caccia, ora parte della mostra di Firenze. Benché la prima Manifattura viennese, seconda in Europa, sia stata di fatto un’impresa privata senza grande successo economico, essa lasciò tuttavia molti oggetti straordinari oggi esposti in mostra, come la terrina con coperchio, preziosamente montata, dell’Ermitage di San Pietroburgo o il Crocifisso del Museo di Cleveland.

Malgrado le difficoltà, la Manifattura viennese è riuscita a sopravvivere fino ai giorni nostri grazie alla fondazione di nuove aziende e a misure preventive. Un’altra importante pietra miliare nella storia della porcellana europea venne posta dal marchese Carlo Andrea Ginori nel 1737 con la fondazione della Manifattura di porcellana di Doccia, per cui l’apporto di arcanisti e pittori viennesi rappresentò un aiuto decisivo.
E qui si chiude di nuovo il cerchio con le sculture del Soldani Benzi, dal cui lascito e da quello di altri importanti scultori il marchese Ginori poté acquistare molti modelli, che avrebbero contribuito a evidenziare un ulteriore aspetto di questo nuovo materiale, la porcellana, da allora utilizzato per riproduzioni in grande scala. Anche in questo campo negli ultimi anni le collezioni principesche sono state arricchite con pezzi straordinari: sculture di una materialità totalmente diversa sono state collocate accanto ai bronzi già presenti nella collezione, e le Stagioni di Girolamo Ticciati, copiate in porcellana da Gaspero Bruschi e dipinte a Firenze da Carl Wendelin Anreiter von Ziernfeld, a coronamento del Badminton Cabinet, servono a testimoniare quanto questi mondi siano stati collegati fra loro.

Un periodo decisivo nella storia della Manifattura viennese e in quella della collezione fiorentina è stata l’epoca della reggenza del granduca Pietro Leopoldo, poi Leopoldo II, che, dopo il nuovo inizio fulminante della Manifattura sotto Conrad Sörgel von Sorgenthal (1784), acquisì importanti serviti da Vienna, tant’è che queste raccolte e quelle delle collezioni principesche si completano meravigliosamente l’una con l’altra.

Nell’ultimo decennio la collezione principesca è cresciuta in maniera decisiva in tutti i settori della porcellana grazie a un gran numero di nuove acquisizioni, sia nel campo delle porcellane neoclassiche e Biedermeier che delle raccolte precedenti dell’epoca Du Paquier, come testimoniano gli esempi qui esposti del servizio dei principi di Oettingen-Wallerstein o il recente acquisto della zuppiera con coperchio, dipinta in maniera straordinaria nello stile dell’Asia orientale.
La collaborazione europea e un pensiero che travalica i confini nazionali si manifestano nelle vicende delle due Manifatture, appartenenti a una storia comune di governo e collezionismo confluite in questa stessa rassegna espositiva che si deve all’attuale cooperazione tra le due istituzioni e i loro collaboratori e collaboratrici. Una mostra che ripercorre questa lunga storia non a Vienna, dove venne già esaminata nella esposizione Barocker Luxus Porzellan del 2005, bensì a Firenze, dove le idee hanno trovato un comune terreno fertile. Un grazie alle istituzioni e un ringraziamento al direttore Eike D. Schmidt per aver reso possibile questo dialogo nella meravigliosa cornice di Palazzo Pitti.

SERVIZI MOSTRA

ENTI PROMOTORI
Ministero dei beni e delle attività culturali
Gallerie degli Uffizi

Firenze Musei

Mostra organizzata in collaborazione con
LIECHTENSTEIN. The Princely Collections, Vaduz–Vienna

TITOLO DELLA MOSTRA
Fragili Tesori dei Principi
Le vie della porcellana tra Vienna e Firenze

SEDE ESPOSITIVA
Tesoro dei Granduchi di Palazzo Pitti, Gallerie degli Uffizi, Firenze

PERIODO DELLA MOSTRA
13 novembre 2018 – 10 marzo 2019

CONFERENZA STAMPA
lunedì 12 novembre 2018 ore 11.30
Sala Bianca, Palazzo Pitti, Firenze

INAUGURAZIONE
lunedì 12 novembre 2018 ore 17
Sala Bianca, Palazzo Pitti, Firenze

PREZZO DEL BIGLIETTO
12 novembre 2018 – 28 febbraio 2019:
biglietto intero € 10.00; ridotto € 5.00 per i cittadini dell’U.E. tra i 18 e i 25 anni;
Dal 1 marzo 2019 a fine mostra:
biglietto intero € 16.00; ridotto € 8.00 per i cittadini dell’U.E. tra i 18 e i 25 anni;
gratuito riservato a minori di 18 anni di qualsiasi nazionalità, portatori di handicap ed un accompagnatore, giornalisti, docenti e studenti di Architettura, Conservazione dei Beni Culturali, Scienze della formazione, Diploma di Laurea di lettere e filosofia con indirizzi di laurea archeologico o storico-artistico, Diploma di Laurea o corsi corrispondenti negli Stati membri dell’Unione Europea, insegnanti italiani con contratto a tempo determinato e indeterminato in servizio presso una scuola pubblica o paritaria

ORARIO
martedì – domenica 8.15 – 18.50
chiuso il lunedì

SERVIZIO DIDATTICO PER LE SCUOLE
Visita guidate per le scolaresche solo su prenotazione. Costo di € 3.00 ad alunno.
Info e prenotazioni: Firenze Musei 055.294883

SERVIZIO VISITE GUIDATE
Info e prenotazioni: Firenze Musei 055.290383
e-mail firenzemusei@operalaboratori.com

SITO WEB
www.uffizi.it

Fragili tesori dei Principi, mostra Palazzo Pitti

Fonte: Ufficio Stampa

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